Come puoi spezzare le catene dei sabotaggi che ti immobilizzano e realizzare la vita che meriti.

Se ci fosse un burrone a separarti dai tuoi sogni, con un asse a collegare le due pareti e un fiume a dividerle, cosa faresti? C’è chi si blocca e osserva i sogni in lontananza anche se crede comunque di essere in grado di camminare su quell’asse. Altre persone, terrorizzate dall’altezza, decidono di guadare il fiume ma una volta dall’altra parte si trovano nell’impossibilità di scalare la seconda parete. Ma ci sono anche alcuni, pochi, che attraversano quel gap senza esitazione credendo in se stessi e disposti a tutto pur di creare la vita dei propri sogni. Pensi che sia impossibile appartenere alla terza categoria?

No, se applicherai quello che stai per leggere.

CI SONO DUE FORZE CHE TI SPINGONO AD AGIRE:

NECESSITÀ E POSSIBILITÀ.

La necessità è quella sensazione che ti convince che sia arrivato il momento in cui è diventato indispensabile agire per apportare un cambiamento. Potrebbe essere mossa dalla leva del piacere come il desiderio di vivere una vita ancora più felice. Oppure dalla leva del dolore, come la convinzione che un determinato comportamento ti allontani dalla vita che vorresti.

Possibilità è invece la sensazione che ti dice: “Puoi farcela, sei in grado. Puoi effettuare questo cambiamento e hai tutte le capacità per fare sì che il risultato (il “dopo’) sia migliore di ciò che hai adesso”.

Quando anche solo una di queste due forze è inesistente, potrai continuare a dirti di desiderare il cambiamento, ma continuerai a procrastinare, ad ascoltare le tue scuse, a non capire perché vorresti qualcosa di diverso nella vita per poi trovarti alla fine della giornata a non aver fatto assolutamente nulla per arrivarci.

Hai presente quella sensazione? Non ti trovi bene nel fare quello che fai ogni giorno, sai che dovresti cambiare, muoverti, agire, prendere un’iniziativa, anche minima, ma non lo fai. Magari vuoi cambiare lavoro, magari vuoi passare al meglio la sessione esami, magari vuoi ottenere risultati in collaborazione. Oppure vuoi rimetterti in forma, mangiare sano, smettere di fumare. Lo dici e ridici, e poi ti senti in colpa perché per quanto tu ripeta di voler cambiare, resti sempre nella solita, insoddisfacente routine.

Potrei dirti che sei un incapace che non applica nulla di quello che ha imparato, ma non servirebbe a nulla. Sai perché? Perché non è quello il punto. Il punto non è che sei pigro e non hai voglia. Il punto è che ti manca una di queste due forze.

Come sono correlate? Per poter avere la forza di agire, devi pensare di avere le capacità di apporta- re cambiamento tramite le tue azioni (possibilità), e devi ritenere che apportare questo cambiamento sia necessario (necessità). Detto in altre parole, ogni azione che fai, la fai quando hai un alto senso di possibilità o un alto senso di necessità. Quando entrambi sono molto alti, attui i cambiamenti più grandi. Quando uno dei due è nullo, starai fermo mentre insoddisfatto della tua vita ti domandi perché ancora non stai agendo. Mi spiego tramite un paio esempi, e se fai attenzione potresti notare che, magari in contesti diversi, almeno uno di loro parla proprio di te (se non entrambi).
Di recente sono venuti a parlare con me John e Mary, due collaboratori che hanno espresso la loro intenzione di voler cambiare lavoro. Situazione all’apparenza simile. Ma in realtà molto diversa.

John lavora nella City di Londra in una grande banca di investimenti famosa a livello mondiale. L’azienda ha una grande reputazione e lo stipendio è più che soddisfacente. È un project manager, quindi il suo ruolo consiste nel gestire tutte le persone coinvolte in un progetto per garantirne una buona riuscita. Lavorando anche con programmatori asiatici e americani, si trova a sostenere orari che in un paese in cui la Convenzione dei Diritti dell’Uomo è in vigore da quasi 64 anni sembrano difficili da credere.

Spesso lavora, ormai senza passione, dal mattino alle 9 fino alla sera alle 22-23, a volte anche oltre la mezzanotte. Londra è una città i cui ritmi sono spesso impensabili per persone provenienti da altre realtà. Quando ho vissuto in Cina per un anno, ero scioccata nel vedere brande disponibili sul posto di lavoro per gli impiegati che facevano orari che persino Stakhanov avrebbe considerato eccessivi, ma qua a Londra ho dovuto alzare il mio standard anche su questo aspetto.

Ma torniamo a John. Sono mesi che pensa di aver maturato la decisione di voler cambiare lavoro. In fondo, c’è davvero qualcuno che vorrebbe restare in un posto in cui il lavoro non gli piace, in cui    si sente stressato e sotto controllo continuo, in cui non si sente libero di esprimere le sue capacità?

Si sente una pedina inutile e sacrificabile in una grande realtà, un carro armato indifeso su una tavola da Risiko.

Come se non bastasse, quasi ripreso da un romanzo di Grisham, è consapevole che questo periodo non sia solo un sacrificio temporaneo per costruire un futuro appagante e allineato con la sua mission, ma piuttosto l’unica possibilità in una realtà molto competitiva.

Ogni giorno è una lotta, uno stress. Ogni sera arriva a casa esausto e infelice, e mentre tenta di disconnettersi da queste emozioni tra un video su YouTube e un post su Instagram, dentro di sé si chiede quando avrà la forza di cambiare vita. Ma allora perché non se ne va? Come mai preferisce trascinarsi in questa battaglia giorno dopo giorno invece di dire le magiche e liberatorie parole “I quit!” (“Mi licenzio!”)? Apparentemente questa scelta non ha senso. In realtà, considerando le due forze di cui abbiamo parlato prima, questa immobilità è perfettamente comprensibile. John sente dentro di sé una necessità estrema di licenziarsi, ma allo stesso tempo il suo senso di possibilità è bassissimo, se non nullo. Il suo problema è che non si sente capace. Si sente impotente.

Potresti pensare: “Ma che ci vuole a dire due parole in croce?”. Quello lo sanno fare tutti. Ma chi può garantirgli che DOPO aver detto quelle parole potrà gestire la situazione? Per poter arrivare a dire quelle due parole, John deve sentire dentro di sé di essere all’altezza di gestire il DOPO. E per ora non ne ha la certezza.

In questo momento, potremmo descrivere John come se fosse nella posizione A. La necessità è alta, la possibilità è bassissima. Se immagini questo scenario come un burrone tra due pareti rocciose che rappresentano dove sei e dove vuoi arrivare, John sa di aver BISOGNO di arrivare al di là, ma si sente impotente. Pensa di non essere in grado di attraversare il burrone sull’asse che unisce le due pareti. Nella sua immaginazione, non riuscirà ad arrivare dall’altra parte. Pensa che cadrà lungo il percorso, e si farà male, molto male.

Quindi preferisce guadare il fiume che separa le due pareti.  Ma sull’altra riva del fiume la parete è troppo ripida. Anche per uno stambecco sarebbe impossibile da scalare. Così John va avanti nella sua vita, e tra qualche mese, o forse anno, si guarderà indietro pieno di rimpianti, consapevole che lui un giorno quel paradiso al di là del burrone l’aveva visto. Aveva sentito di doverlo fare. Ma è rimasto vittima della sua insicurezza. È rimasto dov’era, a farsi mangiare dentro da emozioni come stress e paura, finché l’apatia aveva anestetizzato il suo dolore.

Lo possiamo aiutare in qualche modo? Lo vedremo presto, ma prima andiamo a conoscere la sua amica Mary.

Mary è in una situazione molto diversa. La vita di Mary è comoda. Lavora in un negozio di lusso in centro a Londra, dove personaggi famosi parcheggiano Bentley e Lamborghini e acquistano giacche di pelle e scarpe di coccodrillo spendendo migliaia di sterline ogni volta. È pagata piuttosto bene, gli orari le lasciano la libertà di occuparsi di alcuni hobby che coltiva da tempo. È vero, le soddisfazioni al lavoro sono poche.

Mary, che in altri ambienti è determinata e cazzuta, divertente, spigliata e con una risata contagiosa, non si sente valorizzata nelle sue abilità e si trova sempre a fare le stesse cose. Quando pensa a ciò che davvero le fa battere il cuore, lei immagina di portare avanti uno dei suoi hobby fino a farlo diventare la sua carriera.

Sa che sarebbe bravissima, ha il potenziale e le è stato ribadito diverse volte da innumerevoli persone. Ma il suo impegno non è costante. Passa da giorni in cui si sente connessa e agisce dando il suo 100% a giorni (purtroppo molti di più) in cui, tra autosabotaggi e scuse, arriva a sdraiarsi nel letto consapevole di non aver fatto NULLA di ciò che le serviva per costruire il futuro che vuole. È pigra? Forse.

Di sicuro, in questo momento, per quanto il suo senso di possibilità sia alto e lei sia consapevole  di avere le capacità necessarie a raggiungere il suo obiettivo, c’è qualcos’altro che manca: la necessità di cambiare. Mary è comoda. La sua vita è comoda. Non molto appagante, ma comoda. Mary vive (metaforicamente) su un divano di quelli morbidi, avvolgenti, soffici, di quelli che diventano un tutt’uno con te e che quando ti siedi ti coccolano finché perdi tutta l’energia per rialzarti in piedi. Mary è la figura B. Possibilità alta, necessità bassa. Usando sempre l’esempio del burrone, Mary si trova sull’orlo del primo strapiombo. Ha la trave davanti a sé e dall’altro lato vede esattamente cosa vuole. Sa anche che le basterebbe attraversare il burrone usando le capacità che già possiede, ma l’impegno richiesto è troppo alto per la necessità che lei percepisce di avere. In fondo non si sta così male anche da questo lato del burrone, giusto? Così Mary va avanti nella sua vita, e tra qualche mese, o forse anno, si ritroverà a guardarsi indietro piena di rimpianti, consapevole che lei un giorno quel paradiso al di là del burrone l’aveva visto. A differenza di John, Mary aveva sentito di poterlo fare. Solo che, vittima della sua comodità, aveva deciso di aspettare che ci fosse un momento in cui il burrone sarebbe stato più piccolo, o l’asse più largo, meno “rischioso”. Quel momento però non era mai arrivato. Quanta vita sprecata!

Mary e John rappresentano quella parte di te che  a volte si tira indietro, per paura o pigrizia. Quella parte che sa dove dovrebbe e vorrebbe andare, ma si sente bloccata e non capisce nemmeno perché. Quella parte che vorrebbe cambiare dei comportamenti ma per quanto si sforzi cade sempre nelle stesse trappole, come una cavia che motivata inizia a correre ma poi si ritrova delusa al solito punto di partenza. A volte vuoi smettere di fumare, a volte devi decidere cosa fare nella tua vita, a volte    ti piacerebbe anche “solo” avere un certo livello di energia o superare un rancore che provi verso una persona. Quando ti deciderai a farlo? Quando sentirai che prendere questa decisione è necessaria e possibile. Necessaria per andare verso quello che vuoi o per evitare certe emozioni quotidiane. Possibile quando ti sentirai in grado di cambiare la situazione e farla combaciare con la bellissima immagine che la tua mente ha creato. Il momento in cui smetti di agire è il momento in cui nella tua mente si insinua il dubbio che raggiungere il tuo obiettivo sia impossibile o non-necessario.

Quindi a questo punto la domanda sorge spontanea: come si innalzano il senso di possibilità e il senso di necessità?

Partiamo da quest’ultimo, così per lasciare per ultimo il più intrigante.

Per aumentare il senso di necessità devi imparare a bruciare le navi. Avrai probabilmente sentito la storia di Hernán Cortés. In procinto di assalire una nuova terra popolata da indigeni estremamente belligeranti e pericolosi, il conquistador notò che le sue navi erano state disposte con la prua verso l’oceano in modo da avere una via di fuga pronta. Decise di bruciare le navi per eliminare ogni scappatoia e tirar fuori il meglio dalle sue truppe. Devi imparare a bruciare le tue navi. Elimina le scappatoie, non fare come Mary. Devi eliminare tutte le altre opzioni. Devi eliminare la comodità. Devi rendere scomodo il posto in cui sei adesso in modo da farti venire ancora più voglia di raggiungere l’altro lato del burrone, che il tuo cuore già sa che ti regalerà emozioni molto più belle.

Come? Ragiona come se non ci fosse alternativa: se possibile, elimina le opzioni concretamente. Se invece non si può, fai in modo che la tua mente sia focalizzata solo sull’obiettivo al di là del burrone. I corridori a ostacoli non guardano l’ostacolo né il paesaggio, bensì la meta. Ecco come devi vivere ogni giorno.

Potrebbe esserti utile creare una lista di tutti i motivi per cui vuoi raggiungere quella meta, segnando da un lato come mai la vita di adesso è scomoda per i tuoi nuovi standard, dall’altro come mai la vita al di là del burrone sarà allineata con ciò che sai di voler creare. Quando il tuo senso di necessità sarà alto, sarai pronto a lavorare sul senso di possibilità. Ci sarebbero tanti spunti da dare su questo aspetto ma per non sovraccaricarti oggi comincerò con due cose che puoi iniziare a fare, la prima nella mente e la seconda nelle azioni.

  1. CHIEDITI COME DOVRESTI ESSERE PER POTER ATTRAVERSARE IL BURRONE.

Com’è secondo te la persona che è in grado di attraversarlo? Che caratteristiche ha? Fai una lista di queste caratteristiche e poi, a cuor leggero e senza giudizio, datti un voto su ognuno di questi punti.

  1. PRENDI LE CARATTERISTICHE CON PUNTEGGIO ALTO E USALE COME PUNTI DI FORZA NEL COMPIERE LE PRIME AZIONI CHE TI SERVONO PER RAGGIUNGERE IL TUO OBIETTIVO.

Nel frattempo, prendi le caratteristiche con voto basso e inizia a lavorare per alzarne il punteggio, una a una, incessantemente, creando un riferimento dopo l’altro, e soprattutto ricordandoti che non c’è niente che non si possa migliorare e imparare con un po’ di impegno. “Se voglio posso” deve diventare il tuo mantra. Se avrai questa credenza guida, ti sarà facile agire come se già fossi quella persona che è in grado di oltrepassare il burrone, e di gestire la bellezza del DOPO.

Lavora in questo modo per alzare il senso di possi- bilità e quello di necessità, e molto prima di quanto ti aspetti, ti troverai nella posizione C, felice e fiero dei risultati che hai ottenuto.

Guarderai indietro, e invece di trovare rimpianti, troverai la gioia e la soddisfazione di aver avuto il coraggio e la dedizione di correre a prenderti quello che volevi.

Lascia un commento